Sul biotestamento? Disarmatevi tutti…


Pubblicato il 26 febbraio 2010 in: L'Articolessa,


Si torna a parlare di legge sul biotestamento. Non perché ci si trovi mediaticamente davanti a un altro caso Eluana Englaro, ma in quanto il calendario parlamentare rimetterà al centro tra qualche giorno – proprio in un momento assai delicato come questo – l’approvazione del contestato provvedimento. Nato, ricordiamolo, nel pieno dello scontro che divise e lacerò due anni fa politica e opinione pubblica riguardo alla decisione del padre di Eluana di affidarsi ai giudici per vedere riconosciuto il diritto di sospendere l’alimentazione e dell’idratazione artificiale (in nome, a suo avviso, della volontà espressa della ragazza) che tenevano in vita la figlia.

Argomento, questo del biotestamento, come è noto complesso e non riducibile – a meno di una lettura semplicistica e demagogica – ai pro versus i contro. Davanti a questo – e alle frontiere della medicina moderna – la politica ha cercato di porre rimedio con una legge sul testamento biologico che, a detta dei suoi stessi sostenitori, pur nella legittima volontà di scongiurare l’eutanasia sotterranea da un lato e l’accanimento terapeutico dall’altra, non scioglie però tutti i nodi dei problemi legati al fine vita. Nello stesso Pdl, ad esempio, le posizioni non sono così “blindate” a difesa di un testo che viene giudicato contradditorio proprio sul concetto di «libertà individuale» (perché la scelta personale dovrebbe valere sulle terapie e non sull’idratazione, si è chiesto il portavoce del Pdl Daniele Capezzone).

Ecco che proprio su questo tema ritorna la necessità di quel “disarmo ideologico” che se è necessario in generale nel dibattito sulla cosa pubblica, lo è ancora di più quando si tratta di argomenti eticamente sensibili come questo. Non a caso, diversi esponenti politici (anche di ispirazione cattolica), premono per una soft law se non addirittura per una non legge su un argomento del genere. Lo ha ricordato anche Flavia Perina, deputato di Fli:  «Se – e non sarebbe neppure necessario – si vuole una legge che ribadisca i confini invalicabili dell’eutanasia da una parte e dell’accanimento terapeutico dall’altra, la si faccia pure. Ma ci si fermi lì, ad una soft law. Per tutto il resto basta ed avanza il codice di deontologia medica».

Il motivo della necessità di un ulteriore dibattito sulla legge lo spiega bene Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera: «Stupisce davvero che proprio una visione del mondo che si vuol cristiana – qual è senz’altro quella di chi ha ispirato e redatto questa legge – abbia deciso di sottrarre la morte alla sua tragica e misteriosa umanità, alla sua natura di drammatica prova e compendio di una vita e dei suoi affetti, per consegnarla invece alla gelida presunta imparzialità dell’apparato sanitario, alla tecnicalità del sapere medico-scientifico.  È in questo modo che si spera di contrastare l’arroganza culturale della tecno-scienza?».

Come si vede, la sfera di un tema come questo tocca irrimediabilmente aspetti che prescindono – e devono prescindere – dal battage politico di questi giorni. E, visto che su questo argomento, vi è una sensibilità trasversale del Parlamento che propende per una legge (o, più precisamente, per una legge “leggera”) che rispetti la volontà individuale l’auspicio è che – al netto dei miglioramenti possibili – non si sentano più i toni da “scontro di civiltà” registrati dai banchi della maggioranza sulla vicenda Englaro. Ma si mettano in campo ragionamenti come quelli che abbiamo riportato. Almeno su questo tema…





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