Manfredi: «Un leader per accendere il fuoco del sogno politico»


Pubblicato il 27 febbraio 2010 in: L'Analisi, Politica,


«Ci vuole cuore per far politica. E infiammare il sogno di giovani, pronti, che aspettano solo buoni esempi che parlino loro». Valerio Massimo Manfredi, archeologo, scrittore, ricercatore e autore di programmi televisivi di qualità come Stargate, non è tra quegli italiani che condannano a priori le nuove generazioni, preda del tutto pronto e subito, o imbevute di modelli fasulli e basta. Ma spicca per un singolare ottimismo propositivo, dal momento che la sua quotidiana attività di ricerca e divulgazione, lo porta ad avere contatti diretti proprio con quei ragazzi e con quegli studenti. Traendone spunto per comprendere ciò che realmente manca al Paese e alla sua classe dirigente, un campione vero che sappia parlare alle anime.Il male che reputa peggiore: essere governati da un leader vecchio, o vivere in uno Stato che non sa più essere giovane?
I giovani appaiono soli, senza una speranza. Anche corrotti da un sistema che ha veicolato una comunicazione distorta, con messaggi devastanti. In un quadro generale dove il Paese, per il momento, non vede la luce. Anche perché nel confuso agitarsi delle varie forze politiche non si vede emergere l’uomo che possa battersi contro questo signore. Ricordo quando i laburisti tirarono fuori l’asso nella manica che si chiamava Tony Blair. Nessuno conosceva chi fosse, lo avevano allenato e costruito per poi lanciarlo come un missile. Se non avesse commesso madornali errori in occasione della seconda guerra del golfo, forse oggi sarebbe ancora lì.Quali riscontri registra nei suoi frequenti incontri proprio con i giovani: cosa si aspettano?
Certo, io incontro già un tipo particolare di studenti e giovani. Ma anche uomini della generazione di mezzo, trentenni e quarantenni, e riscontro che non mancano le persone coraggiose, intelligenti, carismatiche e capaci. Che potrebbero sfoderare un entusiasmo pronto ad incendiare la palude. Bisognerebbe che chi è già un anziano della politica, vada nella provincia italiana a cercare queste eccellenze. A prepararle adeguatamente, magari di nascosto come i carbonari, per poi contrapporre al leader anziano un campione vero. L’Italia è il Paese delle cento classi dirigenti – non ci mancano individualità di qualità – al cui interno vive però anche un popolo che appare addormentato da messaggi fuorvianti, che al momento non sembra in grado di reagire.

Azzardando una metafora storica, dunque, potremmo dire che alla politica italiana manca un Trasibùlo di Atene? Quel personaggio che nel 410 a.C. dopo l’esilio di Sarno successivo alla guerra del Peloponneso, rientrò in patria alla guida dei democratici.
Potrebbe essere la persona indicata per dare fuoco alle polveri. Un personaggio che esiste già nel Paese, ma che va formato. E allora invito a monitorare i giovani più in gamba, facciamo loro sapere che li stiamo osservando, che li aiutiamo, che siamo pronti a portarli avanti e a dargli il posto che gli spetta di diritto. Lì si annida il Trasibùlo, non tra i veterani che non hanno più lo smalto e l’entusiasmo necessario. Quando incontro i giovani nelle scuole e parlo loro utilizzando una terminologia desueta che magari non utilizzano più, vedo che si infiammano. Si alzano in piedi, manifestano un bisogno disperato che qualcuno creda in ciò che stanno dicendo. E che dimostri di possedere quel fuoco, quella fede, quella voglia di amare ciò che dice, di amare gli altri prima che se stesso, di darsi da fare per gli altri prima che per se stesso. Tra l’altro potendo contare sulla conoscenza diretta che lei ha avuto dell’Italia della rinascita, quando un Paese intero venne ricostruito dal nulla…
Erano gli anni in cui il lavoro veniva da te e non il contrario. Se mi avessero detto che ci saremmo ridotti così, non ci avrei creduto. Uno spettacolo degradante che, dagli schermi televisivi o dagli scranni del Parlamento, si riverbera poi nelle vite di ognuno: come uscirne?
Solo con l’arma della politica, all’interno della quale si continuano a proporre pur dignitose figure che hanno perso però la fiamma. Persone dimesse, come dire, svuotate di quello spirito iniziale.Si riferisce a una sorta di Obama italiano?
No, non abbiamo bisogno di imitare nessuno, al massimo sono gli altri che per secoli hanno imitato noi e che, in tanti casi, continuano a farlo. Potremmo individuare un italiano a cui Obama avrebbe potuto benissimo ispirarsi. Gianfranco Fini si è accorto, tardi, della presenza di anime antipatriottiche. Ci sono dei valori che non si possono neanche discutere, oggetti sentimentali e intellettuali che non si possono vendere. Possono essere sufficienti a spiegare il caso-Italia, le parole di Pietro Citati, che si chiedeva «perché è così complicato essere italiani?».
A questo non ho mai creduto, pur rispettando e stimando Citati, uno dei nostri intellettuali di punta. Vengo da una famiglia dove si sono sempre rispettate le leggi, i rappresentanti dello Stato. In cui si è chiesto prima a se stessi (e poi agli altri) la fatica, il lavoro, l’impegno. In cui è sempre stata la natura a dettare le regole, e contro la natura non si poteva scioperare. Oggi vedo ogni giorno centinaia di migliaia di persone che fanno ancora il proprio dovere: per questo non credo all’assioma che gli italiani siano ingovernabili. È vero, hanno una propria particolare peculiarità. Ma necessitano di un entusiasmo per credere in qualcuno. Sono gli inganni, in molte occasioni, che li hanno disillusi. Se qualcuno dimostrasse di credere, di essere degno, di non essere in vendita a nessuno e per nessun prezzo, penso che avrebbe un seguito. Non dimentichiamo che gli italiani sono quel popolo che ha preso una nazione che era al numero centodue nel mondo e la cui economia è stata spinta sino alle prime dieci posizioni del pianeta in vent’anni. Ci vogliono organizzazione, senso del dovere, disciplina, impegno, fatica: ma chi altri ha compiuto un’impresa di tal genere? Gli italiani sono quelli che si sono reinventati completamente un Paese, che hanno creato nel dopoguerra una cultura che ha sbalordito il monto intero, nel cinema, nella letteratura. In fondo oggi, nel mondo, se una persona vuol vestire bene veste italiano, se vuol abitare o mangiare bene abita e mangia italiano. Insomma, una civiltà straordinaria. Ma non dimentichiamoci che per far funzionare un Paese non c’è mica bisogno delle SS, o di essere tutti in un collegio. È sufficiente pensare al fatto che questo signore (Berlusconi, ndr) abbia un seguito così massiccio: non ci dimostra allora che gli italiani sono anche pronti a obbedire? Purtroppo, alla persona sbagliata. Intende una scelta fatta per disperazione?
Credo che sarebbero ben contenti di seguire una persona che sapesse parlare anche al cuore della gente. Qui invece siamo solo “dalla cintura in giù”, ci siamo limitati a questo. E allora come si può sperare di uscirne se non con la consapevolezza di chi, trovandosi nel posto giusto per agire, molli una volta per tutte le beghe, le ripicche, le rivalità senza senso. E per andare alla ricerca del seme di una rinascita, di una politica nuova, con qualcuno che abbia finalmente il coraggio di dire la verità, sfidando anche l’impopolarità. 28 febbraio 2011





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